Noi cattolici siamo, ormai, quasi al secondo mese dell'anno giubilare, che ha come tema "Pellegrini di speranza".
E' il terzo post che dedico al Giubileo, momento prezioso per la vita di ciascuna persona, non solo per i credenti a causa del forte impatto di cambiamento sociale che esso provoca.
Lo stimolo a riflettere sul verbo "andare", me lo ha dato un evento che sta vivendo la parrocchia che frequento in questo periodo, che è la mia parrocchia di origine.
Il giovane viceparroco, neppure a metà anno pastorale, è stato spostato in un'altra parrocchia. Non sono per niente d'accordo con questa scelta, che, per quanto possa essere dettata da "urgenze pastorali", non è rispettosa nè del popolo di Dio nè della pastorale sinodale a cui Francesco sta cercando di farci convertire.
Voglio trovare, tuttavia, in questo evento degli stimoli spirituali attraverso i quali lo Spirito Santo ci parla.
Il grande pellegrinaggio del nostro padre Abramo comincia le parole: "Lech lechà", "Vai, vattene". E' un invito che, in maniera più o meno violenta, quel Dio totalmente Altro fa a ciascuno per cominciare con Lui una relazione di intimità.
E', a mio parere, la sfida ad essere quei "beati i poveri in spirito" di cui ci parla Gesù oggi nel Vangelo, che sono pronti a lasciare, come il primo amico di Dio, Abramo, "la terra, la patria, la casa del padre" (cfr Gn. 12, 1).
E' un andare affascinante, ma anche disorientante, perchè è un percorso verso scoperte nuove, denso però di tentazioni, di fraintendimenti e di Male, che cerca di interrompere il viaggio ad ogni costo.
In questo andare, noi scopriamo che questo Dio Altro, come diceva Agostino, abita o somiglia, come abbiamo capito con l'incarnazione di Gesù, alla parte più profonda di noi stessi.
Questi momenti ci educano, per quanto non dovrebbero essere vissuti così, lo ripeterò fino alla noia, ad andare verso la vocazione più profonda a cui il Signore ci chiama. Succederà così per don Danilo, che, in questi pochi anni in mezzo a noi, ha saputo conquistare il cuore di molti, e succederà per ciascuno di noi.
Quando si va, c'è un altro verbo che fa capolino nella dinamica di amore che il Signore vuole attivare: "accogliere". Ciascuno di noi, come pellegrino verso il Signore, ha bisogno di luoghi di riposo, di pozzi, di oasi. A me piacerebbe che le nostre realtà parrocchiali e spirituali, fossero questo: oasi di ristoro per pellegrini.
Stiamo diventando molto poco allenati all'accoglienza. Chi arriva ci infastidisce, rompe i nostri equilibri, ci spinge a riadattarci, a far entrare il suo mondo nel nostro mondo. Questa parte è altrettanto difficile quanto quella dell'andare.
Abramo ancora ci è di insegnamento in questo: nel suo viaggio verso il luogo indicato dal Signore, diventa ospite dei pellegrini e ospita Dio. Anche l'accogliere come l'andare ci rende protagonisti di quella beatitudine che ho citato prima: "Beati i poveri in spirito". Accogliere ci rende capaci di fare spazio, come il Ceatore ha fatto quando ha creato il mondo, ci ha fatto spazio nell'Infinito che abitava da solo. Si è fatto più povero.
Da oggi, a Pugliano, saremo più poveri, ma avremo anche il cuore più dilatato e pronto ad una comunione diversa da quella che fin ora abbiamo avuto con don Danilo.
Lech lecha, a don Danilo, verso il meraviglioso avvenire che Gesù ha preparato per te. I cuori e le case di tantissimi di noi che ti vogliono bene sono e saranno sempre le ginocchia della Madre, di Gerusalemme nuova, sulla quale ogni volta che vorrai potrai tornare per essere accarezzato. Su quelle ginocchia, che la Vergine di Pugliano rappresenta benissimo, mettiamo il tuo servizio tra noi e quello futuro e tutto il tuo ministero.
Maranathà, vieni Signore!
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